ROMANORO CENNI STORICI
Le prime notizie ufficiali riguardanti il paese di Romanoro risalgono al XIII secolo, tuttavia il toponimo “Armanorium”, di chiara origine longobarda, suggerisce un insediamento più antico di quanto rivelino le fonti bibliografiche. Il termine “Armanorium”, infatti, è riconducibile a presenze arimanniche, ossia di soldati longobardi smobilitati a cui venivano assegnate in godimento terre nelle adiacenze di località di interesse strategico col duplice compito di coltivarle e di difenderle. Caduto il regno longobardo sotto l’offensiva carolingia, tutta la Val Dolo finì sotto la giurisdizione della Pieve di Rubbiano, rimanendovi fino al 1071 allorché la Margravia Beatrice di Lorena, madre di Matilde di Canossa, donò all’ospizio di Frassinoro dodici corti dando vita alla famosa abbazia benedettina. La prima citazione ufficiale che si ha di Romanoro, pertanto, si attesta al 13 maggio 1204, all’atto del giuramento al comune di Reggio Emilia e della cui giurisdizione fece parte fino al 1429, mentre le prime notizie della chiesa, dedicata come tuttora a San Benedetto, risalgono al 1302 a conferma dell’influenza che il Monastero Benedettino di Frassinoro esercitava sugli abitanti di Armanorio.
All’inizio del XIV secolo Romanoro con Morsiano e Fontanaluccia faceva parte della Castellanza di Muschioso, retta dai Signori da Dallo; stando al censimento del 1315, il comune di Romanoro comprendeva le attuali borgate di Cerreto, Panigale e Montale. Ai Dalli seguì la signoria dei Montecuccoli, che rimase insediata nelle terre della Badia fino al 1426 allorché vennero cacciati dagli Estensi di Montefiorino. All’inizio del XVI secolo la montagna è sconvolta dal conflitto tra gli Estensi ed il Papato ed è afflitta dalle continue scorrerie di un feroce brigante locale, tale Domenico Amorotto, di cui rimane il ricordo nelle vestigia della torre detta appunto “dell’Amorotto” sita nelle vicinanze del paese reggiano di Civago. Le vicende degli ultimi due secoli non fanno parte della storiografia “ufficiale” bensì parlano di tremende carestie, di brigantaggio, di epidemie di peste, di fame, di miseria, fino ai più recenti avvenimenti legati al Secondo Conflitto Mondiale, in particolar modo alla Resistenza, vicende che nessun libro di scuola riporta, ma che hanno segnato indelebilmente gli abitanti della nostra verde vallata.
ROMANORO
– FRAMMENTI DI ARTE E DI CULTURA
Come spesso accade in quelle zone
relativamente poco coinvolte in avvenimenti storici primari, la poca arte locale
corre il rischio di venire liquidata come “arte povera” e come tale
considerata. E’, infatti, evidente come le migliori forme d’arte derivino
obtorto collo da una situazione di mecenatismo e di ricchezza, cosa assai facile
da trovare nei comuni, nelle
signorie, nelle abbazie e nei monasteri; solo queste realtà, di fatto, erano in
grado di attirare i migliori architetti, i più rinomati pittori e i più
valenti scienziati delle varie epoche. Purtroppo la nostra zona, marginale,
selvaggia, utile si dal punto di vista strategico (era attraversata, infatti,
dalla via Bibulca), ma poco appetibile come fonte di ricchezza, non ha mai
ispirato i grandi mecenati. Questo, se da una parte
ha costituito un indubbio limite, dall’altra ha contribuito alla
conservazione di un ambiente naturale unico, a tutt’oggi poco modificato
dall’attività umana. A Romanoro non esistono, infatti, vestigia di un passato
glorioso; quel poco di caratteristico che era giunto immutato nei secoli è
stato in buona parte spazzato via dal tremendo terremoto del 1920, dalle
innumerevoli slavine che si sono succedute in virtù di una situazione
orografica poco stabile e, duole ammetterlo, da una serie di restauri
architettonici poco oculati risalenti agli anni ’50-’60.
In un simile contesto, tuttavia, grazie soprattutto all’impegno di
alcune persone di buona volontà, sono state riportate ad antico splendore
alcuni edifici di buona fattura tra cui la chiesa parrocchiale ed il tempietto
intitolato a S. Scolastica. Le prime notizie riguardanti la chiesa parrocchiale
intitolata a San Benedetto risalgono al
1302 e la dedica al Santo di Norcia deriva quasi sicuramente dalla vicinanza del
monastero benedettino di Frassinoro che influenzò notevolmente gli antichi
abitanti di Romanoro tanto che, alcuni secoli dopo, venne edificato uno
splendido tempietto dedicato alla sorella di Benedetto: Santa Scolastica. Della
chiesa trecentesca non è rimasto più nulla: le numerose frane e i terremoti
che si sono negli anni susseguiti hanno raso al suolo ogni ricordo del passato
tanto che l’attuale edificio risale al 1920, tranne il portale e la struttura del campanile che sono
riconducibili al XVIII secolo.
L’oratorio di Santa Scolastica , risalente al
1754, è considerato uno dei più bei tempietti votivi della vallata. Di
struttura semplice ma elegante, richiama elementi architettonici toscani e
rinascimentali esaltati da un sapiente restauro che ha riportato l’oratorio
all’originaria nobiltà.
Degno di nota è anche l’oratorio dedicato ai
Santi Pellegrino e Bianco situato in località “i Boschi” e risalente al
1779: la struttura architettonica semplice e scarna ricorda quella
dell’oratorio di Santa Scolastica.
Da menzionare, infine, le edicole votive tra le quali possiamo ricordare quelle, ambedue settecentesche, situate nelle borgate di Chiesa:
e Cerreto:
Anche queste opere, per quanto di fattura
semplice, sono da considerare vere e proprie testimonianze di una fede forte e
sincera.
ROMANORO IL CASEIFICIO
Una delle peculiarità di Romanoro è senza dubbio la produzione di formaggio Parmigiano-Reggiano grazie all’attività della Cooperativa Casearia Val del Dolo.
Come è noto, il Parmigiano-Reggiano è un formaggio D.O.P. (Denominazione d’Origine Protetta) conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo e prodotto secondo un preciso Disciplinare che coniuga gli usi e le consuetudini della tradizione locale con le regole che i produttori devono rispettare. La zona di origine del Parmigiano-Reggiano comprende i territori della provincia di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova alla destra del fiume Po e Bologna alla sinistra del fiume Reno.
Dal
punto di vista merceologico, il Parmigiano-Reggiano è un formaggio semigrasso a
pasta cotta prodotto a partire da latte vaccino proveniente da animali la cui
alimentazione è costituita prevalentemente da foraggi raccolti nella zona
d’origine. Il latte, conferito al caseificio entro due ore dal termine di ogni
mungitura, viene impiegato crudo e non può essere sottoposto ad alcun
trattamento termico né all’aggiunta di additivi e/o disinfettanti.
Il latte della mungitura serale viene
parzialmente scremato nel corso
della nottata per affioramento naturale della parte grassa e ad esso viene
miscelato il latte della mungitura mattutina. Successivamente viene addizionato
il siero-innesto, una coltura naturale di fermenti lattici ottenuta
dall’acidificazione spontanea del siero residuo della lavorazione del giorno
precedente. La coagulazione del latte avviene in caldaie tronco-coniche di rame
ed è ottenuta tramite l’aggiunta di caglio di vitello. Alla coagulazione
segue la rottura della cagliata e la sua cottura; la massa caseosa risultante
viene infine estratta e trasferita negli appositi stampi per ottenere la
caratteristica forma. Dopo alcuni giorni di spurgo del siero, si procede alla
salatura delle forme mediante immersione in soluzione salina per un tempo
variabile tra i 20 e i 25 giorni.
Alla salatura segue la maturazione che deve
protrarsi per almeno 12 mesi a temperatura controllata compresa tra 16 e 18°C.
L’ultimo e decisivo passaggio è
l’apposizione, allo scadere dei 12 mesi di stagionatura, del Marchio di
Selezione solo ed esclusivamente sulle forme che superano l’esame di selezione
(espertizzazione) compiuto per valutare l’aspetto esteriore della forma, la
sua struttura mediante battitura con martello e le sue caratteristiche olfattive
e organolettiche. Tale Marchio, impresso a fuoco, riporta la dicitura
“Parmigiano-Reggiano Consorzio Tutela” e l’anno di produzione della forma.
Il Parmigiano-Reggiano presenta le seguenti
caratteristiche:
(1)
Fonte: Disciplinare di produzione del Formaggio Parmigiano-Reggiano
Da notare che per produrre una forma di Parmigiano-Reggiano del peso di 38 kg sono necessari circa 600 kg di latte.
Non è, quindi, azzardato, affermare che “fare il Parmigiano-Reggiano” è un’arte che coinvolge nel suo ciclo produttivo sia materie prime di qualità eccezionale, sia abilità umana frutto dell’apprendimento e dell’esperienza maturata nel corso dei secoli, espressione di una cultura produttiva legata indissolubilmente alla zona d’origine.
BREVE STORIA DELLA COOPERATIVA CASEARIA VAL DEL DOLO
La Cooperativa Casearia Val del Dolo vede la luce nel 1953 nella sede provvisoria in località Cantiere, mentre la costruzione del caseificio risale all’anno successivo. Il capitale sociale iniziale era di £ 34000 e, ad essa, vi aderirono gran parte dei contadini di Romanoro, di Rovolo e della parte alta di Macognano (Giunzione, Le Coste e altre borgate limitrofe.
Il primo Consiglio di
Amministrazione era così composto:
Campomagnani Giovanni
Segretario: Lugari don
Giuseppe. (2)
(1) Fonte: Romanoro, frammenti di storia e Tradizione
Nei primi anni di vita, La Cooperativa arrivò a contare ben 112 soci. Attualmente i soci sono 6.
Sotto la guida dell’attuale presidente, Aldemiro Bertolini, la Cooperativa Casearia Val del Dolo è giunta a lavorare circa 14000 quintali di latte all’anno e, grazie sia all’abilità del Mastro Casaro Giovanni Baroni, sia all’eccellente qualità del latte impiegato, è stata premiata nell’anno 2004 con la Medaglia d’Oro come miglior caseificio della Provincia di Modena.
La Cooperativa Casearia Val del Dolo, oltre al Parmigiano-Reggiano produce anche burro e un’ottima ricotta, ingrediente fondamentale per il ripieno dei tipici tortelli di magro emiliani.
COOPERATIVA CASEARIA VAL DEL DOLO
Matricola Consorzio n° 2852
Via Chiesa 36
Località Romanoro, Frassinoro (MO)